Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/138

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124 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     V’abbian del proprio piè segnate l’orme
     1125Gli animali quadrupedi, che a terra
     Sian forzati a cader; non altrimenti
     Che se a gl’inferni dei repente offerti
     Fossero in sacrificio. E tutto questo
     Pende da cause naturali, e noto
     1130N’è il lor principio; acciò tu forse, o Memmio,
     Dell’orco ivi piuttosto esser non creda
     La spaventevol porta; e quindi avvisi,
     Che nel cieco Acheronte i Numi inferni
     Per sotterranee vie conducan l’alme:
     1135Qual fama è, che sovente i cervi snelli
     Conducan fuor delle lor tane i serpi
     Col fiato delle nari; il che dal vero
     Quanto sia lungi, ascolta. Io veggo al fatto.
Pria torno a dir quel, che sovente innanzi
     1140Io dissi; e questo è, che figure in terra
     Trovansi d’ogni sorte atte a produrre
     Le cose; e che di lor molte salubri
     Sono all’uomo, e vitali; ed anche molte
     Atte a renderlo infermo, e dargli morte.
     1145E che meglio nutrir ponno i viventi
     Questi semi, che quei, già s’è dimostro
     Per la varia natura, e pe’ diversi
     Congiungimenti insieme, e per le prime
     Forme tra lor difformi. Altre inimiche
     1150Son dell’uomo all’orecchie, altre alle nari