Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/162

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148 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Nel notturno silenzio uscian le fiere:
     Languian di lor la maggior parte oppresse
     Dal morbo, e si morian. Principalmente
     1775Steso in mezzo alla via de’ fidi cani
     L’abbattuto vigor, l’egra, e dolente
     Alma vi deponea; poichè ’l veleno
     Contagioso del mal toglieva a forza
     Dalle membra la vita. Erano a gara
     1780Rapiti i vasti funerali, e senza
     L’usate pompe. Alcun rimedio certo
     Più comun non v’avea. Ciò che ad alcuno
     Diede il volgersi ’n petto il vital spirto
     Dell’aria, e il vagheggiar del cielo i templi,
     1785Ruina ad altri apparecchiava, e morte.
     Fra tanti, e sì gran mali era il peggiore
     D’ogni altro, e il più crudele, e miserando,
     Ch’appena il morbo gli assalia, che tutti
     Quasi a morte dannati, e privi affatto
     1790D’ogni speranza, sbigottiti, e mesti
     Giaceansi; e con pietoso occhio guardando
     Degli altri i funerali, anch’essi ’n breve
     senz’ajuto aspettar, nel luogo stesso
     Moriansi: e questo sol, più che null’altro,
     1795Strage a strage aggiungea, che il rio veleno
     Dell’ingordo malor sempre acquistava
     Nuove forze dagli egri, e sempre quindi
     Nova gente assalia. Poichè chiunque