Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/208

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194 Lib. III. Fav. III.

     Sdrucciolò ne la fossa. De’ villani,
     Chi pietre contra, e chi legni le avventa.
     5Altri però di lei mossi a pietade,
     (Poichè, se alcun non le portasse offesa,
     Pur la trarrebbe sua sventura a morte)
     Le gittan pane, onde alcun tempo viva.
     Notte si fa; ciascun che si lusinga
     10Di morta ritrovarla il dì vegnente,
     Ogni timor sbandito, a casa riede.
     Ma la Pantera, poi ch’ebbe col cibo
     Ristorate le forze, un lieve salto
     Da la fossa spiccando al suo covile
     15Veloce torna. Indi a non molti giorni
     Repente uscendo, uomini e greggi assale;
     E ruine a l’intorno, e morti arreca.
     Allor quei che a la fiera dier perdono,
     La vita in don le chieggiono, ed ogni altro
     20Danno a patir son pronti. E ben sovviemmi,
     E chi sassi avventommi, ella risponde,
     E chi pan mi gettò. Voi non temete:
     Di quei che m’oltraggiar’, nemica io riedo.


FAVOLA   III.

Esopo, e il Villano.

CHe più d’un indovin l’intenda Uom pratico,
     È proverbio; il perchè non v’ha chi ’l dica: