Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/97

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di Tito Lucrezio Lib. VI. 83

     Può menarsi la vita, esser potenti
     Di ricchezze, e d’onor colmi, e di lode
     Gli uomini, e i figli lor per fama illustri,
     E pur sempre aver tutti ingombro il petto
     20D’ansie cure, e mordaci, e vil mancipio
     Di nocive querele esser d’ognuno
     L’animo, ei ben s’accorse, ivi’l difetto
     Nascer dal vaso stesso; e tutti i beni,
     Che vi giungon di fuori, ad uno ad uno
     25Dentro per colpa sua contaminarsi;
     Parte, perchè sì largo, e sì forato
     Vedeal, che per empirlo al vento sparsa
     Fora ogn’industria, ogni fatica, ogni arte;
     Parte, perchè infettar quasi ’l mirava
     30D’un malvagio sapor tutte le cose,
     Che in lui capian. Quindi purgonne il petto
     Con veridici detti; e termin pose
     Al timore, al desio. Quindi insegnonne,
     Qual fosse il sommo bene, ove ciascuno
     35Di giunger brama; e n’additò la via,
     Onde per dritto calle ognun potesse
     Corrervi; e quanto abbia di male in tutte
     L’umane cose, altrui fe’ manifesto;
     E come d’ogn’intorno egli si spanda,
     40E voli in varie guise, e ciò sia caso,
     O di natura impulso; e per quai porte
     Debba incontrarsi. E al fin provò, che l’uomo


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