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la lotta dei colossi 233


gle, e emblemi, si cercano con lo sguardo, tutto intorno, i cannoni. Bisogna, per scovarli, che qualcuno li additi.

Allora vi accorgete che dal folto di un roveto sporge appena una gran gola di acciaio. Quello che avevate scambiato per un rigoglioso e inestricabile ciuffo di giovani abeti, è un obice. Un boschetto di arboscelli e di sterpi verdeggianti è un cannone grosso come una locomotiva. Pezzi, affusti, piazzole, casamatte, riservette, tutto è affondato nel terreno e nelle vegetazioni. Nella guerra moderna chi si nasconde meglio è il più forte.

Per battere bisogna scorgere. Artiglieria vista, artiglieria silenziata. La situazione di una zona può dipendere da un uomo e da un filo telefonico. Uno sguardo che si affacci e che scruti, un telefono che trasmetta, e la solidità di un fronte può essere compromessa.

La vera guerra, in certi settori, è fatta dagli esploratori, dalle vedette, dagli osservatori. Sono loro, quei pochi uomini annidati su vette, che in fondo veramente combattono. Combattono con armi formidabili, lontane chilometri e chilometri da loro, ma che essi dirigono. Per loro, per quello che vedono e dicono, delle forze cieche si muovono, dietro, nelle valli e sulle alture, e agiscono. L’osservatore che sorprende una preparazione nemica e la fa disperdere con una raffica di granate da batterie che nulla scorgono, e che conduce i tiri di