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270 dove il combattimento non ha soste


conosciute con nomignoli che rimarranno. Una batteria da montagna, inerpicata ad un’inverosimile altezza, è la «pettegola». È sempre la prima ad iniziare la discussione e vuole sempre l’ultima parola.

Incomincia con otto, dodici colpi di fila; allora, siccome i suoi tiri arrivano bene, tutti i cannoni austriaci si mettono ad abbaiare contro di lei; l’altura sulla quale la batteria è piazzata, è tempestata da un imperversare di granate. L’inferno dura un’ora, due ore: la pettegola tace. Il nemico la crede colpita, distrutta, sepolta, e sospende il fuoco. Immediatamente si odono due colpi; è lei che dice: Sono qua! Nuovo furore austriaco, ripresa del bombardamento a oltranza. Poi silenzio. Questa volta è finita. No, due colpi, due soli: Sono ancora qua! E per giorni intieri continua l’alterco dei cannoni, il quale finisce invariabilmente, alla sera, con quei due colpi, insolenti, esasperanti, che l’artiglieria nemica si rassegna a lasciare senza risposta.

Da un’altra parte c’è la «mitragliatrice». È una batteria da campagna che si indigna quando la tormentano troppo. Per un po’ sopporta, poi perde la pazienza e sgrana giù, per un paio di minuti, un fuoco a tiro rapido filato come i punti di una macchina da cucire. Ma bisogna sentirne a parlare i soldati, di questi cannoni amici. C’è un affetto, una passione, una riconoscen-