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324 la conquista della conca di plezzo


violenza. Dei reticolati sono spezzati, l’assalto si slancia, due blockhouses, cioè due ridotte blindate, vengono distrutte con tubi esplosivi, dei trinceramenti sono conquistati alla baionetta. Agli sbocchi delle valli la nostra occupazione si consolida, la conca di Plezzo si chiude definitivamente al nemico. Due ufficiali austriaci e una cinquantina di soldati prigionieri, scampati agli assalti sulle pendici dello Javorcek, scendono alla sera del 17 verso Saga.

Sono quei prigionieri che abbiamo visto passare a Caporetto, scortati dai carabinieri, fra due siepi di soldati curiosi e silenti.

Non riuscivamo, contemplando la valle, immaginarvi il tumulto che la riempiva poche ore prima, e che forse tornerà a sollevarsi fra poco. Un solo cannone sparava. Era uno dei giganti. Ogni quattro, cinque minuti il suo boato percuoteva le montagne e si spezzava in mille rimbombi. Vedevamo il fumo diafano e azzurro del colpo, in un folto d’alberi; non potevamo scorgere dove battesse. Persisteva, regolare, ostinato, come aspettando una risposta al suo possente ruggito. Non rispondevano che gli echi, nella vallata calma, piena di quel pauroso senso di solitudine e di stupefazione che pesa sui campi di battaglia quando la lotta è sospesa.

Scendeva la sera, quietamente, e la prima oscurità saliva dal basso, come una marea d’ombra. La notte sorgeva dalle profondità,