Pagina:Luisa Anzoletti - Giovanni Prati, discorso tenuto nel Teatro Sociale la sera dell'11 novembre 1900 per invito della Società d'abbellimento di Trento, Milano 1901.djvu/41

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E intanto, l’antico fanciullo di Dasindo che muore, ancor sente sul suo balcone la lodoletta cantare, e fuori nelle tepenti aure di maggio parlar co’ mirti le rose.

Io dovrei toccare alquanto di ciò che v’ebbe di men sodo e men nobile nella tempra di Giovanni Prati artista — dico artista e non voglio dire virtuoso, perchè questo termine fu rimesso in uso al tempo che i celliniani virtuosi del verso non conoscevano che se stessi, e dell’arte del Prati più non comprendevano la virtù vera, che fu l’amore e la sincerità. —

Quando i maestri d’estetica, che sapevano tutto quello che si facevano, salirono ad addottrinar dalla cattedra le nuove generazioni già avviate a perder del tutto l’ingenuità del gusto poetico naturale; e agli entusiasmi del popolo poeta tennero dietro le sofistiche di scuola e le polemiche rivoluzionarie, dove i letterati deboli impararono una volta di più in che consista il diritto del più forte, e gl’ignoranti impararono come la letteratura si presti anche a tutte le villanie e a tutte le impudenze; quando cominciarono i lunghi studj per venire a conoscere se la poesia sia di fatto qualche cosa, e se l’arte possa realmente avere uno scopo, allora anche la musa del Prati cominciò ad essere sottoposta a serio esame. Vennero gli occhiuti critici armati de’ lor ferri, e cominciarono a lavorare di bisturì e di specillo. E una delle lor prime scoperte si fu quella, che la musa del Prati non reggeva ai lunghi poemi nè ai filosofici. Scoperta ingegnosa davvero, e sottile da quanto quella, dovuta a non so chi, che il Cinque Maggio, com-