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gravemente feriti, erano sfuggiti al massacro, perché creduti morti dal nemico vittorioso, ma ammirato di tanto sublime eroismo. Gli eroi di Dogali, tuttavia, avevano fatto pagare cara la pelle al nemico, che ebbe circa un migliaio tra morti e feriti.

Sull’episodio di Dogali, le più belle pagine scritte da Italiani sono certamente quelle di Alfredo Oriani; pagine in cui rivivono e rivivranno gli eroismi immacolati di coloro che, accerchiati da ogni parte, sopraffatti dal numero, accettano eroicamente il combattimento contro le orde abissine e, anche feriti, anche moribondi trovano la forza eroica di presentare le armi ai loro compagni che, nell’adempimento del loro sacro dovere, avevano ammonito che, moralmente, l’Italia era grandissima nazione degna d’impero e di potenza.

L’episodio di Dogali valse a scuotere l’anima della nazione e la bamboleggiante illusione degli inetti governanti: il ministero Depretis-Di Robilant cade e viene, dopo la morte del Depretis, per unanime consesso del popolo, chiamato al governo Francesco Crispi, che pure aveva avversata l’impresa del Mar Rosso, troppo lontano dall’Italia, in cambio del Mediterraneo troppo vicino.

La Camera votò sùbito un credito di cinque milioni, portati, poco dopo, a venti, perchè il generale Robilant aveva detto: «Quando una volta la nostra bandiera s’innalza in qualche sito, se l’onore nazionale è impegnato, non la si ammaina più».

Relatore del disegno di legge e presidente della Giunta fu Francesco Crispi, il quale raccomandò il credito con queste parole:

«Il fatto doloroso nel quale il parlamento è chiamato ad intervenire, ci dispensa da ogni considerazione. Nella vita della nazioni sorgono momenti difficili in cui il sentimento del dovere s’impone. Ci asteniamo adunque da ogni