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in quanto che la stessa Francia, che faceva scuola, aveva stabilito di deportare i detenuti alla Guaiana, nel 1851 e, nel 1867, alla Nuova Caledonia.
Le discussioni, intorno alla fondazione di tale colonia penale, furono animate durante un ventennio; ed i progetti si susseguirono a rotazione continua. Anche il Mantegazza era fautore di una colonia penale. Ma il più accanito fautore di essa era certamente Adolfo De Foresta, autore dell’opera: «Nè prigioni nè patiboli».
Tuttavia, il direttore delle carceri di allora era di parere contrario, e di parere non meno contrario tutti gli avvocati indistintamente. Ad ogni modo, il fatto è che tutti i partecipanti a tale — credevano in buona fede — vitalissimo problema avevano da suggerire chi l’acquisto delle isole Nicobare, chi quello delle Maluine, chi quello delle Falkland, chi il Mozambico o l’Angola, chi, per farla finita, l’isola di Gran Natuna, al nord ovest di Bórneo: come si vede agevolmente, nessuno sapeva che pesci pigliare, tanto più se si rifletta sul fatto che il Portogallo era deciso a cedere o l’Angola o il Mozambico, a patto che la cessione fosse temporanea e non definitiva. Certamente, trattandosi di fondazione di colonia penale, poteva anche bastare una cessione temporanea, la quale — come del resto non era escluso nè da escludersi — sarebbe potuta diventare, con successivi e pacifici accordi, definitiva. Invece no, bisognava assolutamente che la cessione fosse definitiva: quasi che l’Angola o il Mozambico fossero due isolette, sperdute nel Pacifico.
Ad ogni modo, la colonia penale non si fondò, perchè non si poteva fondare; ma, se la colonia non si fondò, non si fondò neanche, per volere esplicito del Governo, nessuna colonia, anche quando tutte la potenze d’Europa si erano, spinte dalle cupidige e dalle ineluttabili necessità dell’ora, gettate all’arrembaggio della immensa, ricca, spo-