Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/226

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guastare i fatti suoi. Aliso, in grazia

giá che sei qui, sta meco.
Alfonso.   Riverita
mia sposa, usciste al fin d’un grand’intrico
nato dal caso e che potea produrre
fastidiosi accidenti : ora io però
vi felicito .
Ersilia.   Veda, signor padre,
qual superbia: si crede d’esser atto
a rendermi felice.
A liso. Eh no, vuol dire:
mi congratulo.
Alfonso.   Cessa ogni contrasto,
vivrò sempre contento e fortunato
con la mia sospirata Ersilión.
Ersilia.   O che strapazzo è questo?
Auso.   È come dire:
Ersilietta.
Alfonso.   È possibil ciò?
Auso.   Senz’altro.
Margotón non vuol dir Margaritone,
vuol dir Margheritina. Un bell’impiccio
vidi nascer, perch’altri la credette
voce di sdegno, quasi cospettón.
Alfonso.   Ho ordinato al mio servo di recare
certe galanterie del mio paese,
che spero non le sian discare; ei tarda
ben piú che non dovrebbe, gli è ito fuori
un pezzo fa; forse in qualche taverna
s’è fitto, ma non dubiti, fra poco
va a venire.
Despina.   Signora Ersilia, in grazia
uno che va a venire, va o viene?
Ersilia.   In fede mia non tei so dire.
Alfonso.   Io vi
saluto, o figlia, ed ho ben caro siate