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370 dell’iliade di omero


205rispose: — Amato suocero, a me sempre
venerabil tu sei. Deh, morte avessi
piú tosto eletta allor che, il figlio tuo
seguendo, il letto ed i fratelli e l’unica
figlia e l’amiche amabili lasciai;
210ma non feci cosi; d’amaro pianto
però sempre mi spargo. A quanto chiedi
ora farò risposta: Atride è quegli
Againennon che impera, a un tempo stesso
re saggio e guerrier prode; egli è il cognato
215di me impudica, se pur mai ne fui. —
     Sí disse, e il vecchio l’ammirò, dicendo:
— Felice Atride e sotto lieta stella
venuto al mondo, cui tante de’ greci
schiere soggette sono! lo giá men venni
220ne la Frigia vitifera, ove molti
vidi cavallerizzi e d’Otreo torme
e di Migdone, quali aveano il campo
presso le rive del Sangario; io fui
tra i venuti in soccorso e mio luogo ebbi,
225quando arrivar le amazzoni virili.
Ma tanti non fur mai coloro, quanti
son gli occhinegri achei. — Dipoi vedendo
Ulisse, interrogava il vecchio: — Dimmi,
figlia, in grazia chi è colui, minore
230in altezza d’Atride, ma piú largo
negli omeri e nel petto? L’armi sue
giaccion nel suol moltipascente, ed egli
attorno va d’uomin file ordinando:
a velluto montone io l’assomiglio
235che per bianca trascorre ed ampia greggia. —
     Elena allor di Giove nata disse:
— È quegli di Laerte il figlio, Ulisse
astuto e saggio. Nel popol nodrito
d’Itaca fu, se bene aspra e scogliosa;
240pronto d’inganni e di ripieghi fabbro. —