Pagina:Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu/215

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dell’istoria di verona libro sesto 185

quanto bramavano, col rappresentare in Senato, per testimonio di Tacito, che da’ suoi antenati di Sabina origine, e aggregati a’ Patrizj Romani, egli avea appreso di trasportare a Roma gli uomini insigni ed eccellenti dell’altre parti; che ruina de’ lacedemoni e degli Ateniesi fu l’allontanare dalle lor Republiche i vinti, come forastieri, e salute della Romana l’esempio dato già fin da Romolo d’aver gli stessi in un giorno prima nimici, poi cittadini; che i lor Maggiori avean prima comunicato il Senato a molti d’ogni parte d’Italia fino all’Alpi, e fatto in modo che non già le persone in particolare, ma le intere genti diventassero una cosa sola co’ Romani: e finalmente che la quiete interna non fu mai stabile, nè te forze contra gli esterni ben floride, se non quando alla cittadinanza ammessi furono i Traspadani. Questi sentimenti, degni d’esser perpetua norma ai più gloriosi e meglio regolati dominii, espresse il Politico a modo suo e col suo stile: ma buona parte dell’istessa orazione allor pronunziata, e ristesse parole dell’Imperadore si conservano pur ancora intagliate in metallo, e si posson leggere in Grutero. Espone l’Imperadore fra l’altre cose, non doversi rigettare tale aggregazione per esser cosa nuova, poichè molte novità erano anche ne’ passati secoli state abbracciate di tempo in tempo (pag. 502: ne quasi novam istam rem introduci exhorrescatis). D’un certo solamente si duole, il quale irregolarmente avea trovato modo di tirare in casa il consolato, avanti che dalla sua patria l’in-