Pagina:Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu/243

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libro sesto 213

equestre fatte col consenso del popolo quattro arcate del Portico che conduceva al Ludo Publico, e dell’averle anche ornate di pittura, parrebbe potersi raccogliere che fosse in uso il guarnire di portici le strade. Ma per quanto spetta al riconoscere dalle reliquie degli edifizj lo stato e la forza e lo spirito di questa città negli antichi tempi, basta far considerazione su l’Anfiteatro. Gli Anfiteatri, sì per magnificenza nella mole, e sì per ingegno nell’arte, furon veramente le più maravigliose e stupende opere che s’inalzasser già mai. Abbiam consecrato al nostro un intero tomo di quest’Opera, e però non ne faremo qui altre parole. Osserveremo quivi, come, secondo le più ragionevoli congetture, può credersi eretto o sotto Domiziano, o sotto Nerva, o ne’ prim’anni di Traiano; come non d’altri che della città e popolo Veronese fu tale impresa, tanto facea potere allora il consorzio di Roma, e la comunicazion degli onori; come poche fur le città, non solamente nelle provincie, ma in Italia ancora, che Anfiteatro di pietra avessero; e come in tutta la Venezia altra non l’ebbe. Non meno che dall’avere Anfiteatro capace di cinquanta mila spettatori, pruovasi l’antica grandezza e dovizia di questa città dalla frequenza in esso de’ giuochi di gladiatori, e di fiere, che nel Trattato mostreremo; e parimente dall’esser qui stato Ludo, cioè scuola di gladiatori, che fuor di Roma raro è che s’incontri; sembrando anzi che più d’un ve ne fosse, mentre si distingue con nome di Publico quel che si nomina nella sudetta lapida.