Pagina:Maffei - Verona illustrata IV, 1826.djvu/16

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10 capo primo

          E quella terra sovra ogn’altra amena
          Per mezo, a guisa di Meandro, fendi;
          Quella che di valor, d’ingegno è piena,
          Per cui tu con più lume, Italia, splendi,
          Di cui la fama in te chiara risuona,
          Eccelsa, grazïosa, alma Verona;
     Terra antica, gentil, madre e nutrice
          Di spirti, di virtù, di discipline;
          Sito che lieto fanno anzi felice
          L’amenissime valli e le colline,
          Onde ben a ragion giudica e dice
          Per questo, e per l’antiche tue ruine,
          Per la tua onda altiera che la parte,
          Quei che l’aguaglia alla città di Marte.

Nella premessa stampa apparisce la pianta della città, e il rigirar dell’Adige in essa, con la forma del recinto e positura dei tre Castelli, e col cenno dei colli che ha dietro, ed a quali sembra appoggiarsi. La falda, sopra la quale qualche parte di essa siede, può dirsi appunto l’ultimo termine da questa parte del lunghissimo giogo di monti che si spicca dall’Alpi separanti l’Italia dalla Germania; e il piano in cui la città si stende, vien però ad essere il principio di quell’ampissimo, che per lo spazio di oltra dugento miglia fino alla radice dell’Alpi di Francia continuando, forma la più fertile e popolata parte d’Italia.


Viste.


La lunga costa ornata in più luoghi di fabriche e di cipressi; il monticello di S. Pietro, che resta dentro gradatamente coperto dubitazioni; la piegatura delle adiacenti colline; la vaghezza del fiume, ch’è il maggior d’Italia