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20 capo primo



Frutti.


Per frutti non so qual luogo in nissuna parie possa competere, o si riguardi la quantità e la varietà, o la squisitezza. Il forastiero che si abbatterà in propria stagione, non lasci di portarsi una mattina per tempo nella piazza dell’Erbe, ove gioconda veduta per questo conto gli si presenterà, da non potersi per avventura di leggieri sperare altrove. I nostri persici (pesche da’ Fiorentini) son famosi da per lutto, e ricercati da lontane parti, e di varie spezie; ma il sapore e dolcezza di quasi tutte le frutte, quando sien mature e nel loro buon essere, e scelte da chi n’abbia gusto, è tanto particolare, che le parti ancor più calde d’Italia, non che gli altri paesi troverebbero che invidiare: singolarmente fichi rari e melloni (poponi presso Toscani) fraglie, marostiche, verdacclii, pomi di varie spezie, sparagi, carciofi tli strana grandezza, marroni, tartufi! d’eccellente odore, e altre molte. Più spezie abbiamo ancora quali altrove non si veggono, come ulive varie da mangiare, delle quali fin Parigi annualmente si provede, le pere di Madama, le grandi e squisite da inverno e più altre nostrali, che dovrebbero far vilipendere ornai l’insipide straniere venute a occupar per moda il terreno; e la delicata uva garganica, e la inarzemina, che non è altrove sì dolce, e che senza dubbio è la nerissima che si solca conservare fino a tempi di Catullo (l. 1, c. 14. Asservanda nigerrimis delicatius uvis). Non