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il manzoni a parigi. 99

nese Baggesen, per esempio, che era temuto da’ suoi avversarii per i suoi frizzi e per le sue invettive, presso il sereno e virtuoso Fauriel diveniva o voleva almeno apparire un agnello: i frammenti delle sue lettere al Fauriel pubblicati dal Sainte-Beuve lo dimostrano.

Lo stoico Fauriel, amico della vedova del Condorcet, ma, senza dubbio, amico nel più nobile senso della parola, dovea tenere il posto presso il Manzoni di quel Carlo Imbonati, lo stoico discepolo del Parini, ed amico della signora Giulia Beccaria. Quando la signora Condorcet morì nel 1822, il Fauriel venne a cercare conforto al suo vivo, irreparabile dolore, presso il suo Manzoni, a Brusuglio.

Premesse queste poche parole intorno alle ragioni profonde della simpatia ed amicizia che legò insieme il Manzoni ed il Fauriel, mi giova ora, con la guida del Sainte-Beuve, seguire i discorsi che i due grandi scrittori tennero in Parigi sull’arte loro. Ma io discorderei tosto dall’illustre critico francese, il quale attribuiva al Fauriel il merito d’avere, dopo la lettura del noto Carme In morte dell’Imbonati, non pure consigliato al Manzoni di perfezionarsi nel verso sciolto, ma indicatigli «les modèles qu’il préférait.» Per quanto il Fauriel fosse intelligente di poesia italiana, conviene ammettere che il Manzoni se ne intendesse un poco più: il Fauriel provavasi egli pure a scrivere sonetti italiani e li leggeva al Manzoni; ma, se que’ sonetti avessero avuto un vero valore, è assai probabile che gli avrebbero sopravvissuto. Il Fauriel deve avere semplicemente ammirato i bei versi del