Pagina:Marinetti - Teatro.djvu/579

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sata! Pioggia breve però; non lava e non sveglia. S’alza subito il vento e spazza le nuvole ed eccoci di nuovo col sereno... Ora scende la cenere... Viene dal vulcano Fufutur. Ogni sera cosí... (Sta un minuto ad ascoltare attentamente un rumore indistinto che esce dalla basilica.) Mi sembrava di udire l’anima del vecchio organo, ma è morto, veramente morto. (Si siede. Rimane un istante assorto, poi scatta, volta la testa, mentre appare il 2° Portalettere all’angolo del palazzo.) Anche voi qui?

2° Portalettere

Si, vengo a dividere il vostro lavoro. Nei quartieri orientali della città non ci sono più lettere da sei mesi. Portate ancora l’uniforme.

1° Portalettere

Vecchia uniforme colore della città trapassata.

2° Portalettere

Qui siamo nel giardino del parroco. Com’è ridotto! Era una primavera in miniatura. Camerus, peschi, mandorli. Qui c’era la statuetta di terracotta, li la collinetta col boschetto d’acacie. Quante volte vi ho ascoltato l’usignolo che vinceva il cinguettio dei passeri merlettando di ironie volubili la luce dolce dei pomeriggi. Sotto l’usignolo vi era sempre un gatto nero e una gatta pezzata di rosso e di nero, in agguato, con calcolo e pazienza. Il maschio nero ogni tanto fiutava la femmina, poi ripigliava la sua caccia prudentissima. Talvolta una lucertola senza coda appariva sul muretto di cinta. Un’altra lucertola con la coda la raggiungeva e senza invidia continuavano la via insieme. A pochi metri più in là sul muretto vi era sempre un loggione distratto di passeri goliardi, beffati da altri passeri sul filo del telegrafo ora spezzato. La sorella del parroco, quella zitellona nera, passava la giornata


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