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104 il palagio d’amore


7.Già l’augel mattutin battendo intorno
l’ali, a bandir la luce ecco s’appresta,
e ’l capo e ’l piè superbamente adorno
d’aurato sprone, e di purpurea cresta,
de la villa oriuol, tromba del giorno,
con garriti iterati il mondo desta,
e sollecito assai più che non suole,
già licenzia le stelle, e chiama il Sole:

8.quando di là, dove posò pur dianzi,
dal suo sonno riscosso, Adon risorge,
ché veder vuol pria che ’l calor s’avanzi
se ’l Ciel di caccia occasïon gli porge.
Clizio pastor con la sua greggia innanzi
al vicin bosco l’accompagna e scòrge,
là dove a suon di rustica sambuca
convien su ’l mezo dì ch’ei la riduca.

9.Disegna Adon, se pur tra via s’abbatte
in Damma, in Daino, o in altra fera alcuna,
errando ancor per quell’ombrose fratte
torcer de l’arco la cornuta Luna.
Quest’armi avea (come non so) ritratte
in salvo dal furor de la fortuna;
né so qual tolto avria fra le tempeste
più tosto abbandonar, la vita o queste.

10.Così, mentre vagante e peregrino
scorre l’antico suo paterno regno,
del crudo Arcier, del perfido destino
affretta l’opra, agevola il disegno.
Ma stimando fatale il suo camino,
poi che campò gran rischio in picciol legno,
spera, quando alcun dì quivi soggiorni,
che lo scettro perduto in man gli torni.