Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/144

Da Wikisource.
142 il palagio d’amore


159.Venite Grazie mie, venite Amori,
vigorose mie forze, invitte squadre.
Incoronate de’ più verdi allori
la vostra omai vittoriosa madre.
Ite cantando in versi alti e sonori,
e rispondano al suon l’aure leggiadre:
Viva Amor, viva Amor, che ’n Cielo e ’n terra
de la pace trïonfa, e de la guerra.»

160.Mentre intento il Pastore ascolta e mira
la bella a cui ’l bel pregio è tocco in sorte,
le due sprezzate Dee vèr lui con ira
volgon le luci dispettose e torte.
Orgoglio ogni lor atto, e sdegno spira,
quasi ruina minacciante, e morte.
Giunon però dissimular non pote
la rabbia sì, che non la sfoghi in note.

161.«Misero, e come del suo proprio velo
il cieco Arcier» dicea «gli occhi t’involse,
sì che de la ragion perduto il zelo,
il bel lume del ver scorger ti tolse?
Te dunque scelse il gran Rettor del Cielo?
Te deputar per Giudice ne volse,
quasi un uomo il miglior de l’Universo,
perché poi si scoprisse il più perverso?

162.Vie più che glorïosa, a te funesta
sarà (sii certo) elezzïon sì fatta.
E sappi pur, che quest’onore, e questa
gloria, che m’abbi al tuo giudicio tratta,
il vituperio fia de la tua gesta,
e l’infamia immortal de la tua schiatta.
Quella istessa beltà malvagia e ria
che fu il tuo premio, il tuo supplicio fia.