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IL GIARDINO DEL PIACERE

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167.Ciò che del mentitor l’arte richiede,
ciò ch’ai furti de l’alme oprar bisogna,
da lo Dio de l’astuzie e de le prede
ne lo studio imparò de la menzogna.
Non conoscer giustizia, e romper fede,
schernir pietate, e non stimar vergogna,
tutto apprese da lui; ué scaltro e destro
il discepoi fu poi men del maestro.

168.Consiglier disleal, guida fallace,
chiunque il segue di tradir si vanta.
Astuto Uccellator, Mago sagace,
1 sensi alletta, e gl’intelletti incanta.
Indiscreto furor, tarlo mordace,
rode la mente, e la ragion ne schianta.
Passion violenta, impeto cieco,
tosto si sazia, e ’l pentimento ha seco.

169.Ceda del mar Tirren la Fera infida
e del fiume d’Egitto il perfid’Angue,
che forma a danni altrui canto omicida,
e piange l’uom, poi che gli ha tratto il sangue.
Questi toglie la vita, e par che rida,
ferisce a morte, e per pietá ne langue.
In gioconda prigion di vita incerto
tiene altrui preso, e mostra l’uscio aperto.

170.Non ebbe il secol mai moderno o prisco
mostro di lui piú sozzo, o piú difforme:
ma perch’altri non fugga il laccio e ’l visco,
non si mostra giá mai ne le sue forme.
Medusa a l’occhio, al guardo è Basilisco,
nel morso a la Tarantola è conforme.
Ha rostro d’Avoltoio orrido e schifo,
man di Nibbio, unghia d’Orso, e piè di Grifo.