Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/579

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155.— Quest’è l’Erario, in cui si fa conserva —
seguí Mercurio — de’ piú scelti inchiostri
di quanti mai Scrittor Febo e Minerva
sapran meglio imitar tra’ saggi vostri.
I nomi, a cui non nóce etá proterva,
vedi a caratter’ d’ór scritti ne’ rostri.
Qui stan le lor fatiche, e qui son state
pria che composte sieno, e che sien nate.

156.Quanti d’illustri e celebrati Autori
si smarriscon per caso empio e sinistro
degni di vita e nobili sudori,
ed or Nettuno, or n’è Vulcan ministro?
Or qui di tutti quei ricchi tesori
che si perdon laggiú, si tien registro.
Sacre memorie, ed involate agli anni,
che traman morte agli onorati affanni.

r 57. La Libreria del dotto Stagirita,

che ’l fior contien d’ogni scrittura eletta,
di cui Theophrasto in su l’uscir di vita
lascerá successore, è qui perfetta.

D’Empedocle, Pitthagora ed Archita
v’ha le dottrine, e qualunqu’altra setta,
di Thalete, Democrito e Solone,

Parmenide, Anassagora, e Zenone.

158.Petronio v’ha, di cui gran parte ascose
torbido Lethe in nebbie oscure e cieche.
Di Tacito vi son l’ultime prose,
tutte di Livio le bramate deche,
la Medea di Nasone, ed altre cose
de’ Latini miglior’ non men che Greche.
Cornelio Gallo con Lucrezio Caro,
Ennio, ed Accio, e Pacuvio, e Tucca, e Varo.

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