Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/600

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230.Tornano a scorrer l’armi, ov’ancor stassi
la prateria sí desolata e rasa
che ne stillano pianto e sangue i sassi,
poi che fabrica in piè non v’è rimasa,
né resta agli abitanti afflitti e lassi
villa, borgo, poder, castello o casa.
Giá s’appresta la guerra, e giá la tromba
altri chiama a la gloria, altri a la tomba.

240.Colui ch’è primo e la divisa ha nera,
e su l’usbergo brun bianca la croce
(ben il conosco a la sembianza altera),
è Carlo, il cor magnanimo e feroce.
Di corno in corno e d’una in altra schiera
il volo impenna al corridor veloce.
Per tutto a tutti assiste, e ’l suo valore
intelletto è del campo, anima e core.

241.Spoglia di grosso e malcurato panno,
lacerata da lance e da quadrella,
l’armi gli copre, e fregio altro non hanno:
né vuol tanto valor vesta piú bella.
Spada, splendido don del Re Brittanno,
cinge, né v’ha ricchezza eguale a quella.
Ricca, ma piú talor suo pregio accresce,
cli’i rubin tra i diamanti il sangue mesce.

24 z. Mira colá, dove distende e sporge
Asti verso Aquilon Cantiche mura.

Poco lunge di fuor vedrai che sorge
un picciol colle in mezo a la pianura.
Quindi (fuor che la testa) armato ei scorge
le classi tutte, e ’l suo poter misura.
Quindi del campo in generai rassegna
rivede ogni guerrier, nota ogn’insegna.