Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/65

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canto primo 63


27.Or che gli espone Amor sua grave salma,
— E che sciocchi dolor — dice — son questi?
Se’ tu colui che litigar la palma
in riva di Peneo meco volesti?
Tu tu mente del mondo, alma d’ogni alma,
vincitor de’ mortali e de’ celesti,
or con strale arrotato e face accesa
vendicar non ti sai di tanta offesa?

28.Quanto fora il miglior, sì come afflitto
di lagrime infantili il volto or bagni,
volgere il duolo in ira, e ’l dardo invitto
aguzzar ne l’ingiuria onde ti lagni?
Fa’ che con petto lacero e trafitto
per te pianga colei, per cui tu piagni;
ché (se vorrai) non senza gloria e nome
seguiranne l’effetto; ascolta come.

29.Là ne la regïon ricca e felice
d’Arabia bella Adone il giovinetto
quasi competitor de la Fenice,
senza pari in beltà vive soletto.
Adon nato di lei, cui la nutrice
col proprio genitor giunse in un letto;
di lei, che volta in pianta, i suoi dolori
ancor distilla in lagrimosi odori.

30.Schernì la scelerata il Re mal saggio
accesa il cor di sozzo foco indegno,
ond’egli poi per così grave oltraggio,
quant’ella già d’amore, arse di sdegno;
e le convenne in loco ermo e selvaggio
girne ad esporre il malconcetto pegno:
pegno furtivo, a cui la propria madre
fu sorella in un punto, avolo il padre.