87.Di sì fatte follie sorridea seco
lo Dio distorto, che ’l mirava intanto.
— Tu ridi — disse il faretrato cieco —
né sai che l’altrui riso io cangio in pianto!
E più che la fumea di questo speco
farti d’angoscia lagrimar mi vanto. —
Ciò detto al gran Nettun vola leggiero,
che nel mondo de l’acque ha sommo impero.
88.Velocemente a Tenaro sen viene,
e l’aria scossa al suo volar fiammeggia.
Abitator de le più basse arene
quivi ha Nettun la cristallina reggia,
che da l’umor, di cui le sponde ha piene,
battuta sempre e flagellata ondeggia.
Rende dagli antri cavi Eco profonda
rauco muggito a lo sferzar de l’onda.
89.A l’arrivo d’Amor da’ cupi fonti
sgorga, e crespo di spuma il mar s’imbianca.
Quinci e quindi gli estremi in duo gran monti
sospende, e in mezo si divide e manca:
e scoverti del fondo asciutti i ponti,
del gran Palagio i cardini spalanca.
Passa ei nel regno ove la madre nacque,
patria de’ pesci, e regïon de l’acque.
90.Passa e sen va tra l’una e l’altra roccia
quasi per stretta e discoscesa valle.
L’onda nol bagna, e ’l mar, non che gli noccia,
ritira indietro il piè, volge le spalle.
Filano acuto gelo a goccia a goccia
ambe le rupi del profondo calle,
e tra questo e quell’argine pendente
a pena ei scorger può l’aria lucente.