Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/31

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83.Promette il saggio Egizzio, indi si parte,
ed a tant’opra apparecchiando vassi.
Ella ciò fatto, al furiar di Marte,
ch’a lei rivolge impetuoso i passi,
con gli occhi molli e con le trecce sparte
su la soglia de l’uscio incontro fassi,
e va dolente e lusinghiera avante
al suo feroce e furibondo amante.

84.Sí come il mar per Zefiro che torna,
giá da Borea commosso, si tranquilla,
o come umilia l’orgogliose corna
fiamma, se larga mano umor vi stilla,
cosí a que’ vezzi, ond’ella il viso adorna,
ed a que’ pianti, ov’entro amor sfavilla,
giá Gradivo si placa, e vinto a forza
l’ira depone, e l’alterigia ammorza.

55.Ella asciugando con pietosi gesti
degli occhi molli il liquido cristallo,
— Che strani modi di venir son questi,
carco — dicea — di sangue, e di metallo?
Ben ti conosco, incredulo, credesti
con qualche drudo mio trovarmi in fallo,
poi che con atti si sdegnosi e schivi
inaspettato e repentino arrivi.

56.Sí sí gli è vero. Io mi tenea pur ora
(pur or partissi) un Garzon vago in grembo.
Come giá fece a Cefalo l’Aurora,
l’ascosí dianzi in nubiloso nembo.
Che dico? io mento, anzi l’ho meco ancora,
tra le falde il ricopro, e sotto il lembo.
Aprimi il petto, e cerca il cor nel centro
(forse noi credi?) — il troverai lá dentro.