Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/389

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243.Pettini e specchi imbelli e feminili
tratti, al subbio si volga, a l’ago, al fuso.
Tessa a suo senno pur, riccami e fili,
tal de’ suoi pari è Tesseremo e l’uso.
Stiasi pur tra donzelle inermi e vili
e del letto e del foco in guardia chiuso,
guardi i tetti domestici e le mura,
ma lasci altrui del governar la cura.

244.Potrá forse in voi tanto un volto osceno,
tanto fia che v’acciechi un desir folle,
ch’abbiate di voi stessi a dar il freno
a Rege inetto, effeminato e molle?
E voi gente viril, dentro il cui seno
nobil zelo di gloria avampa e bolle,
vi lascerete tòr senza contesa
quel che tanta costò fatica e spesa?

245.Che forze avrá questo Campion? che lena
da regger peso tal, che non trabocchi?
Tremerá, piangerá, se fia ch’a pena
un sol lampo d’acciar gli offenda gli occhi.
Torni la mente omai chiara e serena
si che stimul d’onor vi punga e tocchi,
facendo possessor di vostra terra
chi Torni in pace, e la difenda in guerra. —

246.Prima che Luciferno oltre seguisse,
strano prodigio e repentino avenne.
Quella statua d’Amor, che giá si disse,
lo strai, ch’avea su l’arco, a scoccar venne.
Volando il crudo strai, Tasta gli affisse
nel costato miglior fino a le penne.
Cadde, e giacque il meschin gelido e muto
frecciato il cor di passatoio acuto.