Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/547

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115.Ed a ragion la prima laude avrai
da Fauni, da Pastori, e da Bifolci,
perché l’altre non dan, come tu dai,
diletti al senso sí soavi e dolci.
Tu piú d’ogni altra agli egri spirti assai
porgi ristoro, e ’l cor rallegri e molci.
Languiscon di te privi e balli e canti,
né son mai senza te mense festanti.

116.Or non cur’io, pur che tu meco viva,
che sacra a Giove sia la quercia antica.
Il ricco pioppo ad Hercole s’ascriva,
di Febo il dotto lauro esser si dica.
Abbia Minerva pur la verde oliva,
abbia Cerere pur la bionda spica,
la bella rosa a Citherea si dia,
sola di Bacco tuo la Vite sia».

117.Tacqui ciò detto, e ben capace fossa
cavar feci nel sasso, e ben agiata,
e ’l fresco fior de la vendemmia rossa
riporvi da la rustica brigata,
onde da sé, non pésta e non percossa
usci la prima lagrima rosata.
Poi cominciai ne l’apprestato bagno
col torchio a premer l’uve, e col calcagno.

118.Ferve giá l’opra, e giá viene a carpirsi
il novo parto de’ viticci opachi.
I Coribanti insani e gli Agathirsi
van quinci e quindi, e i Satiri imbriachi.
Chi sfronda i rami per ghirlande ordirsi,
chi svelle i raspi e chi ne spicca i vachi.
Chi n’empie il grembo da quel lato e questo,
chi n’attende a colmar fescina o cesto.