Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/636

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27.Qui tace, e risonar fanno l’agone
cent’altre trombe, e nacchere, e cornette.
Allor quivi legato ad un troncone
lontano alquanto un Cavriuol si mette.
Questo per ordin de la Dea s’impone
ch’esser deggia bersaglio a le saette.
Ed ecco al saettar destra e leggiadra
arciera in punto e faretrata squadra.

28.Tempo distruggitor d’ogni bell’opra,
ch’affondi i nomi entro l’oscuro oblio,
consenta il tuo rigor ch’io narri e scopra
i piú degni tra lor nel canto mio.
O Fama e tu, ch’impero eterno hai sopra
le forze invitte del Tiranno rio,
tu mel rammenta e da l’etate avara
l’offuscate memorie a me rischiara.

29.Fassi avante Arabin, che ’n Guba nacque,
de l’Arabia petrea nobil cittate,
ma per le selve essercitar gli piacque
contro le fere la robusta etate.
Vien Silvanel, che colá dove Tacque
sen va col Tigri a mescolar l’Eufrate,
crebbe in Apamia, avezzo a ferir solo
le folighe del mar, che vanno a volo.

30.Havvi Foresto, il Troglodito Arciero,
che ’l deserto per patria ebbe nascendo,
selvaggio cacciator piú che guerriero,
agli Elefanti ed ai Leon tremendo.
V’è Ferindo d’Arsacia, il Partilo fiero,
che combatter non sa se non fuggendo,
e ’l cavo arnese al tergo e ’n pugno l’arco
di saettarne avelenato ha carco.