Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/640

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43.Stringe col pugno manco il legno torto,
col dritto a piú poter la corda tira,
l’un piede indietro e l’altro innanzi sporto,
curva gli omeri alquanto in su la mira,
serra il lume sinistro, e l’altro accorto
su l’asta aguzza, e ’l braccio al segno gira
sbarra alfin l’arco, e quel caccia lo strale,
fremono intorno l’aure, e fischian l’ale.

44.Lieve piú che balen, fendendo il cielo,
lo strai nel Caprio a sdrucciolar sen viene.
Noi fiede giá, né pur gli tocca il pelo,
ma nel canape dá, che preso il tiene.
Vien ne la corda ad incontrarsi il telo,
e fa tremar il cor, gelar le vene
a la Fera, che tenta a’ suoi legami
romper in tutto i giá sfilati stami.

45.Scotonsi allor gl’imbossolati brevi,
e n’escon duo, l’un prima, e l’altro dopo.
Frizzardo è l’un, con le quadrella lievi
uso a chius’occhi ad affrontar lo scopo,
natio de l’arso, e non da piogge o nevi
rinfrescato giá mai, clima Ethiòpo,
lá dove d’acque e d’ombre ognor mendica
soggiace al primo Sol Siene aprica.

46.Cotta ha la pelle, e tutto ignudo il busto,
sol cinto in mezo di listati lini.
Tinge la chioma arsiccia e ’l pelo adusto
d’odoriferi unguenti e purpurini.
Tien di piume vermiglie il capo onusto
e di folte saette impenna i crini:
e coronata di sí strania cresta,
è faretra a l’Arcier la propria testa.