Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/667

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151.Come quando talora astuto Gatto
il nemico che rode ha ne la branca,
non súbito l’uccide al primo tratto
ma quinci e quindi lo raggira e stanca,
fin che veggendol poi mezo disfatto,
e che lo spirto ad or ad or gli manca,
dopo lungo scherzar pur finalmente ’
a la zampa lo toglie, e dállo al dente:

152.cosí Membronio altero e furibondo
poi che sofferto ha il bel Crindoro alquanto,
con oltraggio crudel per lo crin biondo
lo sbatte a terra, e quivi il lascia intanto;
e disprezzando insieme il Cielo e ’l mondo,
l’insolente parlar raddoppia, e ’l vanto.
— Perché soffre — dicea — chi piú si stima,
che gli tolga un fanciul la lotta prima?

153.Venite voi (ch’io tal onor non curo)
voi forti, al braccio mio degna fatica.
Venga ciascun che vuol provar se duro
o molle è il sen de la gran madre antica. —
Cosí dic’egli con sembiante oscuro,
né Corimbo sostien che cosí dica.
Di Crindoro è compagno, anch’egli Greco,
e di stretta amistá legato seco.

154.Nacque su l’Acheloo, famoso fiume,
che lottò giá col domator de’ forti;
e contali che l’istesso umido Nume
gl’insegnò l’arte e mille tratti accorti,
e del pontar la pratica e ’l costume,
e le prese a cangiar di varie sorti;
e di persona essendo agile e destra,
vincitor riuscí d’ogni palestra.