Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/674

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179.Cosí chi cerca con occulta mina
l’oro sepolto in sotterraneo speco,
se la rupe si rompe, e ’n giú ruina,
sí che, chiusa la buca, ei resti cieco,
sotto l’alta percossa e repentina
tutti gli ordigni suoi ne tragge seco,
e pon fine in un punto a l’opra ardita,
a l’ingorda avarizia, ed a la vita.

180.Non perde il cor Corimbo, anzi s’affretta
in caricarlo, e riposar noi lassa;
e perch’a far un colpo il tempo aspetta,
sotto il braccio nemico il capo abbassa,
e con piú d’una scossa e d’una stretta
gli esce a le coste, indi a le spalle, e passa.
Di qua di lá con l’una e l’altra mano
gli annoda i fianchi, e tenta alzarlo invano.

181.Piú volte a destra a manca il fier Gigante
spinge e respinge, e con gran forza il tira,
ma non men saldo il trova, o men costante,
che grossa quercia a Zefiro che spira.
De le gran gambe ognor, de le gran piante
sí ben fondate tien, mentr’ei l’aggira,
le colonne e le basi in su l’arene,
che la propria gravezza in piedi il tiene.

182.Pur alfin tutto a la vittoria inteso,
ratto da faccia a faccia a lui s’aventa,
indi, quantunque intolerabil peso,
sollevandol da terra, alto il sostenta.
Quando cosí ne l’aria ei l’ha sospeso,
non allarga i legami, e non gli allenta,
ma con tutto il vigor de la persona
lá dove pende piú, piú s’abbandona.