Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/681

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207.Non riposa egli giá, poi c’ha del Tago
l’altero Idalgo umiliato e vinto,
ché di nova fatica è ben presago,
visto Olbrando l’Insubre a pugna accinto,
che ’l capo ha di gran piume ornato e vago,
e di banda purpurea il petto cinto.
Largo fa questi il gioco, e con bravura
leggiadra da veder piú che secura.

208.Con ampie rote intorno a lui passeggia,
e ’l taglio adopra a dritto ed a traverso.
Senza intervallo alcun sempre colpeggia,
e tien nel colpeggiar modo diverso.
L’altro sta ben coverto, e temporeggia
col ferro al ferro di lontan converso.
Alfin quando a misura esser s’accorge,
il tempo coglie, e ’ncontr’a lui si sporge.

209.Saggio è chi coglie a tempo il tempo lieve,
che lieve piú che strai vola e che vento,
ed è picciolo instante, attimo breve,
e quasi indivisibile momento.
Ma se ’n ogni altro affare esser non deve
altri a pigliarlo neghittoso e lento,
piú ne la scherma è necessario assai,
ché se ’l lasci fuggir, non torna mai.

210.Tosto ch’a senno suo gli apre la porta
colui, che di ferir l’aure si vanta,
piú non indugia il Tosco, e non sopporta,
ma la stoccata súbito gli pianta;
e con impeto tal la punta porta,
e si lancia vèr lui con furia tanta,
ch’a cader quasi indietro ei l’ha costretto,
e la spada gli rompe in mezo al petto.