Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/687

Da Wikisource.


231.Torna, e di novo ancor gli s’avicina
fingendo di tentar nove passate,
poscia con gran prestezza il capo inchina
tra le cosce di lui, che l’ha sbarrate,
e in aria con altissima mina
dopo ’l tergo sei gitta a gambe alzate,
sí che de le gran membra il vasto peso
riman, quant’egli è lungo, a terra steso.

232.Venere una cintura allor gli dona
c’ha di sottil riccamo i guernimenti,
e son d’oro le brocche ond’a la zona
s’affibbian col tirante i perpendenti.
E ’l Tedesco, ch’ai suol con la persona
brutta di polve sparge alti lamenti,
guadagna anch’ei, ben che turbato e tristo,
contro l’ebrezza un Indico ametisto.

233.Ma giá Cencio e Camillo il vulgo aspetta,
ogni voce nel circo omai gli chiama.
Tanta è l’opinion di lor concetta
che ’l popol tutto il paragon ne brama.
Coppia questa di mastri era perfetta,
emuli d’alta stima e di gran fama,
ch’ebber per mille palme in fra i migliori
ne le scole latine i primi onori.

234.Nacquero in riva al Tebro, ambo Romani,
ma da’ nativi lor patrii soggiorni
per desio di veder paesi estrani
capitati eran qui di pochi giorni.
Giá di spada e pugnale arman le mani,
d’abito lieve e rassettato adorni,
e succinta hanno a studio in su ’l farsetto
spoglia di bianco lino intorno al petto.