Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/719

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359.Alpino è l’altro, e del Sicano armento
vivacissimo allievo, un corsier preme,
ne’ campi lá del fertile Agrigento
pasciuto, e nato del piú nobil seme.
Veste mantel tutto leardo argento,
se non che fosche ha sol le parti estreme,
e l’ampia groppa e le spianate spalle
gli ara con lunga lista un nero calle.

360.Su la cervice da la destra parte
gli pende il crine, e spesso il quassa e scote.
S’aggira e per l’arene intorno sparte
tesse prigioni e labirinti e rote.
Ouant’è dal suol fin a la cinghia ad arte
par che misuri, e ’nvan l’aure percote.
Ringhia, né volentier soggiace al freno:
scorre qual lampo, e chiamasi Baleno.

361.Vedilo lá, che con la man robusta
felicemente il gran lancione ha rotto.
Ecco or Leucippo in su gli arcion s’aggiusta,
non men ne l’armi essercitato e dotto.
Vedi che giá per dritta linea angusta
sen va broccando il corridor c’ha sotto.
Il produsse Granata, e col pennello
noi saprebbe Pittor formar piú bello.

362.Non mai Saturno in sí leggiadre spoglie
sonar d’alti nitriti intorno feo,
per involarsi a la gelosa moglie,
le foreste di Pelio e di Peneo.
Al nobil volator la palma toglie
che portò giá per l’aria il mio Perseo.
Perde appo lui quel che domò Polluce:
e Lucifero detto è da la luce.