Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/787

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Giá in apertura, proprio all’Allegoria, di quel XVI canto, un primo tafano era parsa al censore certa ipocrisia, subito trasformata in « simulazione » (cfr. Vili 4); piú innanzi s’era officiata la restaurazione d’una maiuscola irriguardosamente trascurata da P (la creatura il creatore oblia [15, 8]) (dal Creatore passando alla Chiesa, quand’anche deferita di maiuscola, si preferirá addirittura appartarla da quelle carte profane, ricorrendo ai discreti puntini : « ed ecco entrar molti scudieri in ... » [197, 3] tanto la rima basta). D’altra parte, ancora il Calcaterra avrebbe stigmatizzato, nel Parnaso in rivolta, il « pessimo gusto » con cui il Marino « dice “ chiesa ” il tempio di Venere e ne descrive con colori sensuali il ciborio, i voti, le processioni e al posto delle immagini dei Santi pone quelle dei ” martiri d’amore ”, ai voti della pietá sostituisce quelli della lussuria, all’acqua benedetta le lacrime dei supplicanti, alle campane cetre e cennamelle erotiche, al cimitero cristiano un giardino ” non di cipressi tragici e funesti ma di bei mirti in cui canta Talia ” »ecc.; ma soprattutto dannando «la scena disgustosa, in cui, dopo aver descritto la statua di Venere, “ tutta ignuda ”, delizia dei ” romei ”, raffigura un furtivo amante che di notte sfoga su di essa il lascivo ardore con l’illusione di posseder la dea stessa del piacere...» (Il Parnaso in rivolta, 1961, p. 107) :

XVI 57 Sí viva è quella effigie, e si spirante,

che quasi ad or ad or si move e parla, né vi passa Romeo né Navigante che non rimanga stupido a mirarla; e tal mirolla, che furtivo amante entrò di notte a stringerla e baciarla, e del lascivo ardor sfogato in essa lasciò la macchia in su ’l bel fianco impressa.

Eppure la censura di V aveva provveduto:

e con lascivo ardore il Vago in essa credea goder la sua diletta impressa.

Tutti i gusti son gusti, ma non è che un iopos, che dalle pagine reverende degli scrittori antichi era potuto giungere senza malizia a quelle insospettabili di un Raffaello Borghini (Il Riposo, Fiorenza, Marescotti, MDLXXXIV, 1 III, p. 263).