Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/107

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flagelli son altro, s’io non m’inganno, che ruote e sassi e avoltoi. Cosi vedess’io punita la malvagitá di chi mi ha insidiato a torto, come la mia penna fu sempre innocente dalle punture satiriche. e massime di quelle che trafiggono i grandi! Nell’inferno nulla vagliono i suffragi, ed a chiunque vi entra bisogna lasciare ogni speranza, si come escluso dalla misericordia e incapace di perdono. In tale stato appunto son io, ma con tutto ciò mi consolo assai intendendo che l’ illustrissimo signor cardinale da Este si sia degnato di scrivere a favor mio; della qual cosa io non ho avuto aviso alcuno prima, poiché se bene non ha ottenuto l’intento, conosco almeno che la memoria della mia divozione vive nell’animo suo generoso. Molti prencipi si sono interposti per radere dalla mente di questo serenissimo il concetto erroneo impressovi dall’altrui maligne relazioni. Il serenissimo signor prencipe di Mantova e l’ illustrissimo signor cardinale suo fratello, l’uno per lettere da Casale e l’altro a bocca nel passar di qua, hanno dimandata fervidamente la mia liberazione. Gli eccellentissimi signori contestabile di Castiglia e viceré di Napoli per corrier spediti apposta si sono piú volte affaticati per aprire almeno l’adito alla mia giustificazione ed al suo disinganno. Non parlo dell’ illustrissimo signor cardinale Aldobrandino, il quale, come colui a cui par che specialmente s’appartenga la protezione di me, ha quasi rotta la lega con S. A. per questo rispetto, dopo l’averlo con mille importunitá fastidito. Era ragionevolmente da pretendere, per tutti questi mezi, a’ miei travagli presta e favorevole risoluzione. Tuttavia, ancorché S. A. dimostri verso di me benigna intenzione e mi abbia fatto dar ferma parola di voler rintegrarmi nello stato di prima, non però si vede ancora succedere effetto alcuno alle buone speranze. Dovrebbe farlo, percioché la vera virtú consiste propriamente nella pratica dell’operazione e non nella pronta volontá. Finalmente mi ha fatto con destrezza intendere (ma lo dico a V. S. in confidenza) che egli mi farebbe non solo liberare ma mi confonderebbe di grazie, quando fosse sicuro che io non facessi poi quel che sogliono talora i poeti irritati, cioè convertire i panegirici in satire; e di ciò mi ha fatto espressamente chiedere sicurtá,