Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/111

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desiderava l’ epulone quando si consumava nel fuoco eterno. E sappia che se bene io mi ritrovo nell’ inferno, come dissi, non ho però in questo inferno bevute Tacque di Lete, si che io mi scordi de’ benefici e de’ favori che mi si fanno. Di danari per grazia di Dio non ne ho per ora necessitá, percioché T illustrissimo Aldobrandino ha dato ordine al suo agente in Milano che me ne paghi qualsivoglia quantitá, occorrendomi il bisogno. E S. A. mi concede tuttavia il vitto onoratamente, senza avermi tolto nulla di quelle ordinarie provisioni che si danno a’ suoi gentiluomini. Sará il fine del mio scrivere il fare umilmente riverenza all’ illustrissimo signor cardinale, il baciar caramente le mani a monsignor Querenghi, al signor conte Guido Coccapani, al signor conte Massimiliano; ed a V. S. priego dal cielo somma felicitá.

Di Torino [gennaio 1612],

LXVI

Al conte d’Aglié

I ntorno allo stesso argomento.


De profundis clamavi ad te. Domine. E quando verrá una volta quell’angelo, che liberò san Pietro in vincoli, a sgangherare i serragli di questo maledetto graticcio? o ad aprirlo con la clavicola di Salomone?

Mastro Noè, che fu il primo ingeniero che ritrovasse i bucintori, se ne stette chiuso nel fondo della gran caravana quaranta di e quaranta notti ; ma, passato questo tempo, spalancando il pertugio sopra coperta, vide cessato il diluvio. Gioseppe, il poveretto, fu messo dentro una cisterna piena di pantacio a tener borzodone a’ ranocchi per un pezzetto; e pur alfine, benché alquanto imbrodolato, ne fu cavato fuora. Daniele fu calato nella fossa de’ leoni; ma intanto venivano fin gli profeti per l’aria a recarli il fiasco con la pagnotta. Giona, che fu anch’egli di quelli all’antica, spogliato in calze e brache, si lasciò inghiottir dall’orca, a cui doppo essere stato nelle budella una