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mandarmi quel dialogo del Tasso di che in Napoli mi parlò, avrei pur buona occasione di mandarlo alle stampe. Con questo, baciando a V’. S. illustrissima umilissimamente le mani, le fo riverenza.
Da Napoli [1594].
V
Al medesimo
Intorno allo stesso argomento. Invia un sonetto.
Mille occupazioni de’ miei continovi travagli m’hanno talmente fatto pigro nello scrivere che la penna mi pare un trave.
Dovrei scusarmene lungamente con V. S. illustrissima, ma
meglio è che m’accusi e insieme le ne dimandi perdono, considerando che la mia servitú non ha bisogno di questi puntelli,
e la mia affezione ed osservanza verso di lei non si può per
distanza di luogo né per lunghezza di tempo scemare o intepidire; oltre che le continove repliche d’un medesimo soggetto
offendono stranamente le nobili orecchie e le persone d’alto
intelletto. Voglio conchiudere che ho fatto bene a non iscriverle
con molta diligenza, perché si come da cotale officio mi sarebbe
risultato anzi nome di fastidioso che d’amorevole, cosi, avend’io
passata la mia servitú con silenzio, merito ch’ Ella mi tenga
per discreto servidore.
La supplico di nuovo voglia favorirmi delle sue rime, di quelle che piú a lei saranno a grado, intorno alle quali desidero sommamente sapere il parere del signor Sertorio Quattromani, di cui mi scrive; e come ch’io l’abbia in concetto d’uomo di saldo intendimento e di profondo e maturo giudicio a’ nostri tempi, non posso imaginare che cosa gli possa occorrere in esse senza scandalizzarmi. Priegola si degni mandarlemi, per quanto vale appo lei l’affetto d’uno che l’ama ed onora come unico padrone.
Parlai col signor Orazio d’ Afeltro, consegnandole la lettera; e mi disse ch’egli non aveva in suo potere il dialogo del Tasso, ma che vederebbe di riaverlo. Mando a V. S. certo mio sonettuzzo ultimamente fatto e diretto al signor Pignatelli con