Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/126

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l’una e l’altra col disseminare che nel mio poema della Cuccagna abbia voluto detrarre alla somma virtú ed all’ immortai gloria di S. A.; volendo intendere di lui quel ch’io scrissi molt’anni sono in Napoli ad altro fine, come V. S. illustrissima spero che si ricorderá, e prima ch’io non solamente fossi servidore di S. A, ma che iusse pervenuto alle mie orecchie il suo glorioso nome, percioché il mio stato di allora e ’l mio modo di vivere, tutto posto fra i libri e fra gli alletti giovanili, non mi facevano capevole della grandezza della sua fama. Onde per desingannare S. A. di questo falso suspetto, mi conviene certificarla di tal veritá; il che spero compiutamente fará una fede di V. S. e d’ alcun altro cavaliere che n’avesse memoria. Son morti molti di quelli che ’1 sapevano; pure sei potrebbe ricordare il signor duca di Rovino, il signor marchese di Sant’Agata, il signor marchese ili Braccigliano. Ma in ciò basterá solo la testimonianza di V. S. illustrissima, come la supplico a fare o per lettera privata o per publica scrittura, o di lei sola o accompagnata con altri, come piú comanderá; perché da ciò spero con sicurezza non pure la libertá da questa sepoltura di vivi, e direi anco inferno d’innocenti se non fusse la speranza di suscitare anzi del novissimo giorno. Nel che V. S. illustrissima sará il mio angelo, che con la tromba del suo merito fará rimbombare la veritá della mia innocenza, e donde uscirá il fiato che mi conservará quella vita stessa ch’altre volte m’ha donata. La qual sará tutta perpetuamente impiegata al suo servizio come antico e nuovamente obligato suo servidore, che tale resto baciando a V. S. illustrissima le mani.

Da Torino [1612].

LXIX

Al serenissimo signor cardinale Gonzaga

Intorno allo stesso argomento.


Sono tuttavia in prigione e giá l’anno è finito. Dalle feste di natale in qua S. A. ha promesso a cento persone di liberarmi. Pure non se ne vede effetto alcuno, e panni di conoscere