Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/128

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fatto, cosí l’essibisco prontamente tutto me stesso, offerendomi ad essercitare questa libertá e questa vita ad ogni suo comandamento.

Questo serenissimo ha voluto da me parola ch’io non abbia a partirmi per ora di qua, promettendo di risarcirmi i danni del passato naufragio. Ancora non se ne vede effetto alcuno, né mi ha restituiti gli scritti; onde se V. A. si degnasse d’ impetrarmi con una riga la grazia compiuta, tranquillando in tutto le tempeste dello stato mio, accrescerebbe in sommo il cumulo degli obblighi che le porto. E senza piú, le bacio umilmente le vesti.

Di Torino, a di 15 luglio 1612.

LXXI

Al marchese di Villa

Intorno allo stesso argomento.


A tempo son gionte le lettere di V. S. illustrissima per S. A. a darmi l’intiera libertá, poiché senz’esse l’ intercessione dell’ambasciador di Francia e d’ Inghilterra non avrebbono potuto aver buono effetto. Percioché quantunque l’auttoritá della reina e del re, che con grandissima instanza l’hanno addimandata, fosse bastante, nondimeno non aveva accompagnata la fede della mia innocenza, senza cui né io sarei stato liberato né avrei voluto essere, percioché mi conveniva aver libertá come uomo senza colpa, e non grazia quasi colpato.

Me n’andrò in Parigi con l’ambasciador d’Inghilterra, che di lá se ne passará a Londra; ed in ogni parte sarò quel di voto, obligato e riconosciuto servidore ch’esser devo di V. S. illustrissima: non dico prontissimo a servirla, perché non credo esser giammai da tanto né tanto dalla fortuna favorito che sia buono a ciò; ma sarò almeno tromba de’ suoi meriti e delle mie obligazioni. E ciò non per suo ma per mio vantaggio, perché il suo nome, volando glorioso con le doppie ali della propria penna e di quelle de’ piú famosi scrittori di questo secolo, non ha mestiero della mia, che non può sollevarla piú in alto, ma