Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/205

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quelle di Enea, secondo che io lo vidi dipinto nelle figure d’un mio Virgilio vecchio in iibellis. Né per farle entrare bisogna molto affaticarsi a sbatter il piede, poiché hanno d’ambedue i lati l’apertura si sbrandellata che mi convien quasi strascinar gli scarpini per terra. Per fettucce hanno sii certi rosoni, o vogliam dir cavoli capucci, che mi fanno i piedi pellicciuti come han i piccioni casarecci. Sono scarpe e zoccoli insieme insieme, e le suole hanno uno scanetto sotto il tallone, per lo quale potrebbono pretendere dell’ «Altezza», siche mi potreste dire: — Scabellum pedum tuonivi. — Paio poi Cibele con la testa turrita, perché porto un cappellaccio lionbrunesco che farebbe ombra a Morocco, piú aguzzo della guglia di Sammoguto. Infine tutte le cose qui hanno dell’appontuto: i cappelli, i giubboni, le scarpe, le barbe, i cervelli, infino i tetti delle case. Si possono immaginare stravaganze maggiori? Vanno i cavalieri tutto il giorno e la notte «permenandosi» (cosi si dice qui l’andare a spasso); e per ogni mosca che passa, le disfide e i duelli volano. Quel ch’ è peggio, usan di chiamar per secondi eziandio coloro che non conoscono (eccovi un’altra stravaganza), e chi non vi va è svergognato per poltrone; onde io tutto mi caco di non avere un giorno ad entrare in steccato per onore e morirmi per minchioneria. Le cerimonie ordinarie tra gli amici son tante e i complimenti son tali che, per arrivare a saper fare una riverenza, bisogna andare alla scuola della danza ad imparar le capriole, perché ci va un balletto prima che s’incominci a parlare. Le signore non fanno scrupolo di lasciarsi baciare in publico; e si tratta con tanta libertá che ogni pastore può dire alla sua ninfa commodamente il fatto suo. Circa il resto, per tutto non si vede che giuochi, conviti, festini; e con balletti e con banchetti continovi si fa gozzoviglia e, come dicono essi, «buona cera». Vi s’ammazzano piú bestie in un giorno che la natura non ne produce in un anno, e vi si divora piú carne che non n’hanno i macelli di carnevale. Chi nega l’intelligenza e chi non vuol conceder il moto perpetuo venga qui a mirar per ogni bettola girandole ricamate di polli e spedonate d’arrosti, che, mosse da virtú invisibile, non cessati mai di voltarsi appresso al fuoco.