Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/232

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molta caldezza. Se vi bisognasse una parolina di monsignor illustrissimo per darci la spinta, ardisco di dire che lo merito, amandolo ed osservandolo quanto merita, ché non si può dir d’avantaggio. Disidero che Sua Signoria illustrissima dia un’occhiata a questo principio di Discorso , e se non Io giudica al proposito, che si stracci, avvertendo però ch’ io in esso ho tenuto stile da menante per esser populare, ed in ciò ho durata fatica, poiché la mia penna eziandio in prosa pende piú tosto all’ornato che al triviale, ma bisogna variar le idee dello scrivere secondo le materie, e qui ho voluto premer piú nelle dottrine che nelle frasche. Saluto gli amici ed a V. S. bacio affettuosamente le mani .

Di Parigi, a di 18 di luglio 1619.

P. S. — Mando l’incluse lettere aperte, perché V. S. vegga se stanno bene senza lasciarle vedere ad altri: lette che l’avrá, potrá chiuderle e porve il suo stesso suggello, ché questo poco importa. In caso che monsignor Moran riceva da monsignor de Luines ordine che mi paghi, bisogna essergli importuno e procurar d’aver la lettera in sua mano, diretta qua a monsignor Scaron, la quale io stesso presenterò. Torno a scusarmi con lei del travaglio che le do, ma son tanto sicuro della sua affezione che so che fará per me né piú né meno come io farei per lei in qualunque occasione di suo servigio. La copia di questo principio di Discorso è sciaguratissima e piena d’infinite scorrezioni, perché il copista è barbaro, non intende straccio di lingua e mi ha assassinato. L’avrei voluta trascrivere di mia mano, ma non vi è tempo. Se a V. S. non parrá buona, se ne potrá fare un’altra copia.

Seconda poscritto. — La copia fatta era tanto vituperosa, che mi son vergognato di mandarla, e perciò mi son pur ridotto a cavarne una di mia propria mano al meglio che ho potuto, come V. S. può vedere.