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Al medesimo
Dedica della Satnpogna (Parigi, 1620).
Tardi mi movo, serenissimo signore, a dimostrar a V. A. con la penna qualche segno della devozion mia, e tardi mi riduco a divulgar con le stampe il presente volume d ’ /dilli, giá da me composti in sul fiore della mia prima etá, ma tenuti da me suppressi infino a quest’ora. Per la qual cosa mi accorgo esser a me avvenuto appunto quello istesso che secondo le greche favole alla testugine avvenne; la qual, chiamata da Giove nella rassegna universale degli animali, venne indietro indietro doppo tutti gli altri, ancorché fusse la prima a partire, allegando per iscusa della sua tardanza Tesser restata a guardar la casa. Percioché, essendo stato io il ritrovatore e T introducitore di questa specie di componimento nella nostra lingua, mi sono lasciato nondimeno prevenire da molti peregrini ingegni i quali ne hanno poi ripiene le carte; e tuttoché quanto alla invenzione abbiano seguitata la mia maniera, del che sommamente mi onoro, si come nello stile e ne’ concetti mi sono passati innanzi, cosí anche hanno voluto precorrermi ed anticiparmi nella impressione. Ora i miei, che, come ho detto, furono i primi ad esser fatti, sono gli ultimi a comparire. Né mi scuso con V. A. che la cagione dell’indugio sia stata la custodia della casa, poiché, gran tempo fa, balestrato ora in una, ora in altra parte dalla fortuna, fuor della casa e della patria mi ritrovo. Impedimenti d’altri affari mi hanno trattenuto e distrazioni d’altri accidenti mi hanno desviato, allontanando tanto sempre l’ingegno daH’effetto di questo pensiero quanto del continovo la volontá gli avvicinava il desiderio. Non voglio adunque scusare la mia poca sollecitudine, ma piú tosto accusare la soverchia negligenza come che di si lunga dimora non abbia io ragionevolmente onde pentirmi ; poiché se in tutte Tazioni umane la maturitá è lodevole, come quella ch’ è madre del buon consiglio, nelle scritture tuttavia piú che in alcun ’altra
