Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/251

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è necessaria, e massime nelle poetiche. In quelle poi che deono uscire alla luce del mondo vuoisi principalmente fuggire ogni risoluzione frettolosa e vi fa di mestieri lunghissima considerazione. La stampa è atto irrevocabile ed irretrattabile, e quantunque (come non ne manca essempio) possa ben altri con la diversitá delle edizioni emendare, rimutare e distornare quel che prima ha fatto, ciò non si può però fare senza qualche nota d’inconstanza e di leggerezza; oltre che, per non ritrovarsi sempre l’intelletto in un essere e mancando con gli anni la vena nel risarcire l’imperfetto, invece di migliorare, il piú delle volte si peggiora.

Laonde non tanto merito da V. A. perdono del non esser venuto prima per rispetto d’altre mie occupazioni, quanto perché, conoscendo io le malagevolezze che s’incontrano nello scrivere ed a quante censure si espone chiunque s’arrischia di metter fuora i suoi scritti, ho stimato meglio in si fatte determinazioni esser grave e pesante che correre in fretta a pericoloso precipizio; ed ho voluto piú tosto, con astenermi di farne pompa, accrescerne l’aspettazione altrui che per ambizione di gloria accelerare le proprie vergogne. Ho osservato in ciò il precetto del maestro di quest’arte, il qual c’insegna a tener l’opere sotto la lima infino al nono ed al decimo anno, si come fecero Cinna la sua Smima ed Isocrate il suo Panegirico . Ed ho imitata l’istessa testugine, la qual non per altro, al mio parere, fu dagli antichi posta sotto la statua di Minerva, se non per accennare, con questo geroglifico della tarditá, il tempo che si richiede negli studi e quanto bassi a procedere con lentezza nel rivedere e nel publicare le fatiche della mente, essendo verissimo che niun foglio passò giamai alla immortalitá, che non fusse prima logoro dalla polvere, e niun libro rintuzzò i denti della invidia che non assaggiasse prima i morsi della tignuola. Rassomiglio me stesso alla testugine, animai terrestre ed aquatile, tardo, stupido, neghittoso ed essangue, non solo per esprimere la pigrizia del mio ingegno poco veloce, povero di vivacitá ed inetto alle alte specolazioni, ma anche per dinotare il difetto della mia natura ritrosa e restia, la qual mi suol fare alle volte trascurato