Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/255

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con tante persecuzioni calunniarmi, avendo piú tosto occasione di lodarmi ed amarmi. Conviene in ogni modo darsene pace e soggiacere con pazienza a si fatta infelicitá, ringraziando tuttavia la divina previdenza eh ’almeno non diede a costoro le forze pari all’orgoglio ed all’arroganza, si che ci possano nuocere. Buon per noi ch’ essi abbiano la bocca sdentata, ché altrimenti la darebbono in barba agli aspidi ed alle vipere. Gracchino pure e garriscano a posta loro, ché il vero antidoto di questo veleno si è il tacere e procurar d’avanzarsi ogni giorno di bene in meglio: cosí si confonde l’ignoranza, s’abbatte l’invidia, si conculca la calunnia, si calpesta la perfidia, s’abbassa la superbia, si sotterra la presunzione e si subissa la temeritá. Chiuderò questa lettera salutandovi di vivo cuore, abbracciandovi con tutta l’anima, ringraziandovi di nuovo del vostro cortese affetto in lodarmi tanto; e senza piú alla vostra buona grazia mi raccomando.

Di Parigi [gennaio 1620].

CLI

Al medesimo

Ringraziamenti per lodi ricevute e autoapologia contro lo StigUani (lettera premessa alla Sampogna).

In un medesimo punto e per una medesima mano ho ricevute insieme due lettere a me carissime, l’una vostra, l’altra del signor Preti ; care, dico, perché mi vengono da due de’ piú cari amici ch’io mi abbia al mondo, e care anche perché caramente mi lodano e mi lusingano. Risponderò a voi, ma parlerò con l’uno e con l’altro, perché voglio che si come ad amendue è commune una istessa patria ed una istessa affezione, cosí sia ancora ad amendue commune una mia sola risposta. Ma piano, di grazia, piano con tanti encomi, ché se l’invidia vi sente, voi le farete scoppiare il fiele. So che siete troppo teneri dell’onor mio e che soverchio amore vi fa smoderare. Lasciarsi però tanto trasportar dall’affetto che si trabocchi in iperboli, lodandomi