Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/257

Da Wikisource.

fermamente ch’i miei difetti avessero sussistenza per essermi accusati da chi ha in sé la dottrina uguale alla integritá. Voglio adunque che la fede che voi avete fatta del mio picciolo valore sia autenticata dalle stampe e che a guisa d’un privilegio immortale sia posta insú ’l frontespicio dell’opere mie, si perché a tutto il mondo sia palese l’ onore volezza che mi viene da testimoni si grandi, si per obligarvi in un medesimo tempo a sostentare, quando occorra il bisogno, quel che avete di me una volta scritto. Piú mi glorio che l’Achillini, intelletto mirabile, la cui feconda miniera produce sempre nuove ricchezze di concetti preziosi, e il Preti, spirito dilicatissimo nel cui stile fioriscono tutte le delizie e tutte le grazie delle muse, mi abbiano celebrato nelle lor carte, che non mi turbo de’ cicalecci di mille balordi che mi vanno lacerando la fama. Piú mi pregio che il conte Ridolfo Campeggi, una delle piú franche penne che oggidi volino per lo cielo italiano, nel suo poema delle Lagrime della Vergine abbia fatta onorata menzione di me, che non mi tribulo eh ’alcun moderno Archimede, fabricatore di Mondi nuovi , ne’ suoi straccami indiani abbia mottegiato sopra il mio nome con vilipendio. Piú mi piace di vedere nella Primavera di monsignor Giovanni Boterò, uomo consumato nelle lettere, e nell ’ Autunno del conte Lodovico d’Aglié, suggetto compiuto in tutte quelle condizioni che si richieggono a cavaliere e a letterato, vivere registrata la mia memoria, che non mi attrista l’avermi sentito trafigere con acute punture dalle penne scheccheratrici delle Scanderbeidi. Piú mi giova che prima dal conte Lodovico Tesauro, tesoro veramente non meno d’ incomparabil gentilezza che di scelta e peregrina erudizione, e poi dal Capponi, dal Dolci, dal Forteguerra e dal Valesio, cime e fiori degl’ingegni elevati, sia stata abbracciata la mia difesa contro l’altrui opposizioni con si dotte risposte, che non mi nuoce l’essere stato sindicato con oltraggiose e mordaci Essamine dai fiscali della poesia. Amo meglio che in molte famose academie d’Italia, e principalmente in quella degli Umoristi di Roma, paragone dove s’affina l’oro del vero sapere, si sieno piú volte avute publiche lezioni sopra i miei componimenti, privilegio a niuno altro degli scrittori vivi conceduto