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sarò ingrato né lascerò di corrisponderle con tutte quelle ufficiose recognizioni che possono nascere dalla mia debolezza, e ne darò alcun segno come prima io mi sia sbrigato di questa benedetta stampa che da gran tempo in qua mi tiene impedito; il che sará in breve. E senza piú dir altro, a Vostra Paternitá bacio riverente le mani.
Di Parigi [1620].
CLXIV
Al signor Giacomo Scaglia
Dá notizia delle correzioni che prepara per un’altra edizione della Sampogna , discorre dell’Adone e si schermisce dallo scrivere un sonetto.
Mi ritrovo da alquanti giorni in qua ammalato in letto con
febre. Per questo rispetto non ho potuto applicarmi a finir d’emendare la Sampogna. Poco vi resta da fare, e perché giá mi sento
migliorare la Dio mercé, prometto a V. S. senz’altro d’ inviarla
per l’altro prossimo ordinario. Intanto la priego a volere in ogni
modo sospendere l’impressione, aspettando ancora questi pochi
giorni per poter poi ristamparla meglio corretta. La ringrazio
de’ libretti mandatimi e starò attendendo gli altri con disiderio,
né manchi per vita sua di continovare quando uscirá alcuna cosa
di nuovo in questo genere, poich’ io mi ritrovo in un angolo dove
l’opere italiane, che costi si stampano, o non arrivano o arrivano
ben tardi. In questa mia indisposizione lascio pensare a V. S.
se posso dar opera a poesie e massime a’ sonetti, dalle quali
composizioni mi sono alienato un pezzo fa; e, salvo se non mi
venisse urgentissima occasione con un largo profluvio di vena,
la mia intenzione è di non farne piú, ma di rivolger l’animo a
terminare molte mie fatiche gravi che m’importano, senza gittare
piú il tempo dietro a si fatte baie, delle quali mi accorgo aver
composto piú del dovere. Con tutto ciò, per servire a cotesto
gentiluomo e per compiacere a lei, sforzerei me stesso, quando
mi trovassi in altro stato. Di grazia, mi scusi con esso lui e si
appaghi in se stessa della mia buona volontá.