Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/312

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loro l’onor mio, perché so che per la gran confidenza che ho nella loro bontá non mi mancheranno di protezione. Altrettanto spero nel mio clarissimo e cortesissimo signor Patavino secretano, il quale quando fu in Francia mi si offerse in qualsivoglia occasione d’essermi favorevole.

Mi viene scritto che costi si era stampato un libretto d’epistole in versi di non so chi. Io mi do al diavolo quando veggo d’esser prevenuto nelle cose ch’io stesso ho publicate. Questa è una invenzione rubata a me, che sono stato il primo a comporne, ma non le ho stampate perché non ho avuto tempo, né si può far tanto in un tratto, avendomi tenuto lungamente impedito l’impressione di questo benedetto Adone. E se bene son piú che sicuro che costoro sono ingegni ordinari e non escono del triviale, non posso tuttavia non alterarmene, poiché dovrebbono vergognarsi di prender i suggetti giá occupati, essendone molte delle mie andate in volta a penna da quindici anni in qua che son fatte. Di grazia, vedete di buscarne un volume, e mandatelo quanto prima, perché son curioso di vedere che stile tiene.

Iddio vi feliciti.

Di Parigi, adi 4 di giugno 1622.

CLXXX

A don Lorenzo Scoro

Notizie di una sua grave malattia, che gli ha fatto interrompere la stampa dell ’Adone.

Sento infinito gusto del vostro ritorno con salute e degli onori ricevuti in Roma, i quali vorrei che fussero venuti accompagnati con utili che pareggiassero i vostri meriti.

Mi maraviglio come non abbiate ricevuta una lettera mia, giá scrittavi due mesi sono e mandatavi per via di questo ambasciator veneto in un pachetto indrizzato al signor Claretti. Di grazia, usate diligenza per saper dall’uno e dall’altro se il detto pachetto capitò, perché dentro vi è una lettera che va