Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/41

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altri venti giorni far ricapitar le sue a Vinegia, e da allora in poi a Roma colla sopracarta: «All’ illustrissimo e reverendissimo monsignor Melchior Crescenzio cherico di Camera, presso la guglia di Sammogutto». Nostro Signore la conservi e feliciti come desidera.

Di Venezia [1602].

XXI

AL signor Bernardo Castello

Loda sonetti del Cella e promette canzoni e sonetti,


tra cui uno sulla Gerusalemme liberata che il Castello illustrava.

È tempo ch’io saluti V. S., ed a ciò fare mi spigne obligo di servitú ed obligo d’amore: l’uno mi muove a sodisfare al debito della buona creanza, l’altro mi sollecita a procurar del continovo qualche aviso della sua salute e della memoria che serba di me.

Ho piú volte letti i sonetti del signor Cella mandatimi da V. S., e sempre con nuovo piacere, per la somma lor leggiadria e per contenere in se stessi certi lumi i quali mi rappresentano visibilmente la vivacitá del suo chiarissimo ingegno.

Priego V. S. che mi confermi nella sua grazia, della quale son forte ambizioso, percioché non ho ritrovato ancora stile altrettanto confacevole al mio capriccio. In iscambio dell’oro inviatomi io le mando argento, e piaccia a Dio che non sia piombo.

Ecco la canzon de’ Sospiri. Prendala V. S. in segno del poco ch’io vaglio ed in pegno del molto ch’io voglio per servirla. Quella delle Lagrime verrá appresso e parimente il sonetto per la Gerusalemme.

Al signor Chiabrera ed al signor Imperiali fo riverenza ed a V. S. bacio le mani.

Di Roma [1604].